Le componenti ematiche del sangue sono uguali per tutti: una parte corpuscolata o cellulare costituita da globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, che rappresenta circa il 45% del totale, e una componente liquida, il plasma. Il sangue dei diversi individui può però differire per la presenza di elementi antigenici glucidici (galattosio, fucosio, N-acetilgalattosammina), ovvero sostanze in grado di essere riconosciute dal sistema immunitario come estranee o potenzialmente pericolose, sulla superficie degli eritrociti, e di anticorpi nel plasma. Si distinguono pertanto vari gruppi sanguigni. Secondo il cosiddetto sistema AB0, i gruppi sono 0, A, B e AB:
– il gruppo A presenta l’antigene A (con residui di N-acetilgalattosammina) e gli anticorpi anti-B;
– il gruppo B presenta l’antigene B (con residui di galattosio) e gli anticorpi anti-A;
– il gruppo 0 presenta l’antigene H senza residui, ma si caratterizza per la presenza degli anticorpi anti-A e anti-B;
– il gruppo AB, infine, presenta antigeni A e B sui globuli rossi, ma non ha anticorpi nel sangue.
La trasfusione avviene senza problemi tra individui dello stesso gruppo sanguigno, ma questa è possibile anche in caso di appartenenza a gruppi diversi. Un soggetto del gruppo 0 è detto infatti donatore universale, perché può donare a soggetti appartenenti a qualsiasi gruppo, ma non può ricevere sangue da gruppi diversi dal proprio; un soggetto appartenente al gruppo AB è detto invece recettore universale, perché può ricevere il sangue di qualunque gruppo ma non può dare sangue ad altri. In sintesi, il gruppo 0 può donare a tutti, il gruppo A ai gruppi A e AB, il gruppo B al gruppo B e AB. Nel caso non si rispettino tali combinazioni, gli anticorpi anti-A e anti-B (agglutinine) aggrediscono i globuli rossi del sangue trasfuso, portatori dell’antigene corrispondente, neutralizzandoli (reazione di agglutinazione) e formando piccoli grumi che occludono i vasi sanguigni causando danni molto seri all’organismo.
Ogni gruppo sanguigno si distingue ulteriormente per il fattore Rh, che si riferisce alla presenza o meno del determinante antigenico D (una proteina che nell’uomo è codificata dal gene RhD) sulla superficie dei globuli rossi. Esso è presente nell’85% circa della popolazione umana ed è un carattere ereditario che si trasmette come autosomico dominante. Se una persona lo possiede, si dice che il suo gruppo è Rh positivo (Rh+); se invece i suoi globuli rossi non lo presentano, il suo gruppo sanguigno è definito Rh negativo (Rh-). Il sistema Rh è importante per la compatibilità delle trasfusioni sanguigne: la parte di popolazione definita come Rh negativa presenta una mutazione sul gene RhD, che li rende appunto privi di questa proteina e, di conseguenza, possono produrre anticorpi contro la stessa. Le reazioni emolitiche associate a Rh sono di particolare importanza nella gravidanza, perché possono dare origine a eritroblastosi fetale. Pertanto, soggetti con sangue Rh negativo possono donare anche a individui con Rh positivo, ma non viceversa.
La frequenza dei gruppi sanguigni non è omogenea, ma varia in base all’etnia della popolazione: l’Italia si attesta attorno al 40% di persone con il gruppo 0, 36% con il gruppo A, 17% con il gruppo B e 7% con il gruppo AB.
A cura di Francesca Genoni