(lu.pi) Lo scorso 11 ottobre, presso la “Casa della Salute” a Borsano, si è svolto il Convegno organizzato dal locale gruppo Avis, sul tema indicato nel titolo.
Moderatore dello stesso era il dr. Vincenzo Saturni, figura ben nota nel mondo Avis, avendo ricoperto per due mandati la carica di Presidente Nazionale. Relatori erano: il dr. Davide Zarcone, Direttore del dipartimento di Neuroscienze Riabilitative dell’ASST Valle Olona; la dr.ssa Chiara Guarnerio, Psicologa e Psicoterapeuta presso l’Ospedale di Gallarate; il dr. Paolo Licini responsabile del gruppo operativo di Busto Arsizio dell’Associazione Varese Alzheimer.
Dopo una breve introduzione del dr. Saturni sugli scopi statutari dell’Avis, tra cui la divulgazione della cultura della salute tra la popolazione, anche su temi non strettamente collegati alla donazione, davanti ad una sala gremita da una settantina di persone, la parola è passata al primo relatore.
Il dr. Zarcone, dopo una breve storia sulla scoperta della malattia, partita dai primi studi eseguiti dal medico italiano dr. Gaetano Perusini all’inizio del 1900, ha spiegato che la malattia è strettamente connessa all’invecchiamento della popolazione (in Italia tra il 2020 e il 2035 si prevede un decremento della popolazione da 58 a 55 milioni di abitanti, mentre le persone sopra i 55 anni aumenteranno da 21 a 26 milioni), normalmente inizia a partire dai 60/65 anni (ma ciò non toglie che vi siano ammalati anche di 50 anni) e che è più sviluppata nel continente americano rispetto all’Europa ed all’Asia.
Ha proseguito spiegando le differenze tra la malattia di Alzheimer, circa il 64% del totale, e le altre forme di demenza minori quali: la smemoratezza benigna, la depressione o lo stato confusionale da trauma; spiegando che la malattia si sviluppa a seguito di un processo degenerativo cerebrale che causa una grave perdita dei grossi neuroni corticali con deposizione di materiale anomalo (amiloide).
Prosegue spiegando le principali differenze tra la depressione e la malattia di Alzheimer: nel primo caso l’insorgere è ben databile, vi è una rapida progressione, una sopravvalutazione dei problemi, un cambiamento repentino di umore, la famiglia è cosciente della malattia; nel secondo caso l’inizio non è individuabile, vi è una lenta progressione della malattia, si tende a minimizzare i problemi, l’umore cambia quasi di giorno in giorno, la famiglia non riconosce la gravità della malattia, ad eccezione dello stato mentale per il resto è buona.
Illustra quindi i criteri diagnostici per valutare la malattia e le varie fasi in cui si sviluppa e i disturbi comportamentali nelle varie fasi.
Conclude spiegando che i farmaci attualmente utilizzati sono solo sintomatici, il fallimento di molte ricerche (99,6%) ha portato molte case farmaceutiche ad abbandonarle, anche se dal 2018 vi è stato un nuovo incremento delle ricerche grazie alla nuove tecnologie sui farmaci. Il dr. Zarcone ha terminato il suo intervento con uno spiraglio di speranza, ha spiegato infatti che le nuove ricerche sugli anticorpi monoclonali potranno portare, nel giro di 4/5 anni, alla realizzazione di terapie specifiche, anche se a costi molto elevati.
La dr.ssa Guarnerio ha introdotto il tema dei deficit comportamentali nei soggetti colpiti dalla malattia e la loro gestione nella vita quotidiana. Ripetendo il fatto che vi sono molte cause che portano ad avere dei difetti cognitivi quali: trauma cranico, epilessia, ictus, patologie neurodegenerative (SLA, SM), malattie infettive, intossicazioni da alcool, diabete.
Ha spiegato che la malattia di Alzheimer è “una demenza che si manifesta con un declino progressivo delle funzioni cognitive tali da compromettere le abituali attività della vita quotidiana e delle relazioni sociali”. Comporta un disorientamento temporale (non si sa più che giorno sia), spaziale (non si sa dove si è), personale (non si riconoscono le persone), familiare (non si riconoscono i propri famigliari). Si hanno delle difficoltà a fare dei programmi, a dare dei giudizi obiettivi (pericolo nelle guida), ad inibire dei comportamenti (si dice anche quello che non si vorrebbe), a risolvere dei problemi anche banali (come si fa a preparare da mangiare), non si riesce più a dare un nome a degli oggetti comuni, a riconoscere la differenza tra un coltello ed una forchetta.
Statisticamente, nel periodo di 10 anni, si passa dai primi disturbi cognitivi ai disturbi comportamentali, alla perdita dell’autosufficienza, alla necessità di cure/controllo costante in case di cura o a casa, fino alla morte.
Illustra poi le varie fasi e/o possibilità che attraversa l’ammalato: apatia, aggressività, agitazione psicomotoria, depressione e psicosi. I sintomi sono: alterazione dell’umore, ansia, modificazione della personalità, disturbi dell’attività psicomotoria, agitazione, aggressività fisica o verbale, lamenti continui. Tutti questi fattori causano non solo il peggioramento della malattia e l’aumento dei costi economici per le cure, ma anche un progressivo deterioramento delle qualità di vita dei famigliari e di chi ha in cura l’ammalato.
Cosa si può fare per aiutare l’ammalato? Capire e rimuovere le cause che scatenano alcune azioni, adattare l’ambiente, fare assumere i farmaci, verificare se vi sono delle costanti in alcune reazioni e modificarle se possibile, se vi sono disturbi di memoria evitare di sottolinearli e minimizzarli (evitare: ma come, non mi riconosci …), in caso di cambiamenti delle attività giornaliere o nell’ambiente, tranquillizzare l’ammalato, spiegando più volte, con calma cosa si è reso necessario. Non bisogna deriderlo o contraddirlo, ma nemmeno confermare idee non corrette spiegando la realtà, eventualmente distogliere l’attenzione dal supposto problema. In caso di aggressività evitare di contraddire, discutere, convincere; mantenere la calma evitando di alzare la voce ma tenendo sempre pronta una via di fuga per la propria incolumità.
In questa malattia è tipico che verso sera aumentino confusione, irrequietezza a aggressività e seguito della stanchezza e della riduzione della luce, evitare quindi richieste di attività ed aumentare, se possibile, la luminosità degli ambienti, evitando le zone d’ombra.
Il dr. Licini, si è soffermato sulla descrizione dell’Associazione, sorta nel 1995 come AIMA (associazione Italiana Malati Alzheimer) e del gruppo operativo di Busto Arsizio operante dal 1999.
Ha spiegato quali sono i problemi che si affrontano nelle cure di un ammalato di Alzheimer, specialmente per i parenti con cui convive. Egli ha poi informato su quali sono le attività dell’Associazione, sia nei confronti dell’ammalato sia dei familiari, che vanno da incontri formativi a gruppi di sostegno, gestione di operatori a domicilio. Ha proseguito poi con alcune informazione sui servizi istituzionali, a livello comunali a partire dai Servizi Sociali, i Centri diurni, la Rsa-Nuclei Alzheimer, gli aiuti previsti da fondi regionali.
Ha concluso dando alcune informazioni sulle normative esistenti: assegno d’invalidità, l’Amministratore di sostegno necessario per tutte le situazioni economiche, la possibilità di interdizione dell’ammalato, con i relativi problemi, per finire con le Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) di cui si è già scritto su questo sito qualche tempo fa.
Al termine degli interventi, il dr. Saturni ha chiesto al pubblico, ancora tutti presenti nonostante che le 23 fossero abbondantemente passate, di porre eventuali domande, puntualmente poste a dimostrazione dell’interesse dell’argomento proposto dal Gruppo Avis di Borsano.