Nello scorso articolo abbiamo parlato di emopoiesi, il processo di differenziazione cellulare delle cellule corpuscolate del sangue. Una differenziazione ancora più specifica riguarda la formazione degli eritrociti, i globuli rossi, e prende il nome di eritropoiesi.
Bisogna considerare che tutte le cellule del sangue della linea mieloide e linfoide, insieme alle cellule degli altri tessuti connettivi, hanno un’unica cellula progenitrice, la cellula mesenchimale. Anche detta cellula staminale pluripotente, nell’embrione rappresenta la popolazione cellulare più diffusa perché, in assenza di tessuti ancora sviluppati, l’unico tessuto presente è il mesenchima, definito come il tessuto connettivo embrionale da cui si originano tutti i tessuti connettivi dell’organismo adulto tra cui, appunto, il sangue.
Nelle prime fasi dello sviluppo embrionale le cellule preposte all’eritropoiesi sono particolari cellule mesenchimali delle pareti vascolari. A partire dalla quarta settimana comincia l’eritropoiesi nel fegato e successivamente a livello del midollo osseo, sede predominante fino alla fine della gestazione, per poi restare l’unica nell’adulto. Quindi, come l’emopoiesi, anche l’eritropoiesi è localizzata nel midollo osseo: qui la cellula staminale “determinata” per la serie mieloide è l’emoistioblasto, cellula indifferenziata da cui deriva l’emocitoblasto o cellula staminale emopoietica, progenitore iniziale delle varie cellule del sangue.
Gli emocitoblasti possono seguire diverse linee cellulari, oltre a quella eritroide: alcuni, infatti, diventeranno megacariociti, altri monociti, ma anche mielociti o linfociti. Per diventare eritrocito, l’emocitoblasto deve prima differenziarsi in proeritroblasto. Questo primo precursore eritroide prolifera attivamente dando origine a numerosi eritroblasti basofili (ovvero capaci di assorbire coloranti basici, in quanto cellule ricche di contenuto acido). È in questo stadio maturativo che comincia a essere sintetizzata emoglobina (proteina per eccellenza del sangue che gli conferisce il caratteristico colore rosso) nel citoplasma dell’eritroblasto e assorbito Ferro sotto forma di ferritina. La sintesi di emoglobina determina un aumento di aree a carattere acidofilo all’interno del citoplasma della cellula: si parla quindi di eritroblasto policromatofilo, l’ultimo della serie eritroblastica capace di andare incontro a mitosi; dopo questa fase il citoplasma risulterà completamente acidofilo, quindi basico, e la cellula sarà detta ortocromatica.
L’eritroblasto, quindi, si riduce di volume e il nucleo diventa picnotico (cioè il materiale genetico si addensa), per poi essere estruso dalla cellula e fagocitato dall’isolotto eritroblastico con una conseguente riduzione ulteriore delle dimensioni. Si forma così un reticolocito, pronto a essere immesso nel torrente circolatorio e a cominciare il suo percorso di eritrocito. Tutto il processo eritropoietico dura circa 7 giorni; l’emivita di un globulo rosso, invece, è di 120 giorni, dopo i quali sarà ritenuto invecchiato e quindi eliminato dagli organi emocateretici (milza e fegato).
L’eritropoiesi è stimolata dalla permanenza in ambienti carenti di ossigeno (ipossia), condizione che favorisce la produzione da parte del rene di eritropoietina (EPO), fattore ormonale di natura glicoproteica che ha proprio la funzione di regolare tutto il meccanismo di eritropoiesi.
A cura di Francesca Genoni