È passato poco più di un mese da quando l’OMS ha approvato la distribuzione del Mosquirix (nome ufficiale: RTS,S/AS01), il primo vaccino contro la malaria. Si tratta della sofferta conquista di più di un trentennio di ricerche e tentativi, che avevano concluso il risultato già nel 2015 ricevendo però l’assennato invito, da parte dell’OMS, di proseguire con ulteriori accertamenti.
L’entusiasmo con cui è stata accolta questa svolta epocale, che rappresenta la prima vera speranza di prevenzione per una patologia che non ha mai smesso di vessare la vita sulla terra, rischia tuttavia di trascurare degli aspetti importanti.
Un’efficacia risicata
Purtroppo, infatti, va puntualizzato che l’efficacia del Mosquirix non si avvicina nemmeno lontanamente all’efficacia dei vaccini veramente riusciti. Il numero di casi gravi di malaria che esso si dimostra in grado di prevenire arriva a un risicato 30%, e questo solamente attenendosi a procedure ben precise, che prevedono la sua somministrazione in quattro dosi a bambini di età inferiore ai 5 anni.
Beninteso, è indiscutibile che questo 30% rappresenti uno strabiliante balzo in avanti, considerando che potrebbe tradursi in un calo di almeno 23.000 decessi infantili all’anno – potrebbe, a patto che nei Paesi maggiormente tormentati dalla malaria (quindi i Paesi in cui la zanzara Anopheles trova il suo habitat ideale) i set completi delle quattro dosi vengano resi disponibili a tutti quanti i bambini.
Fino al 73%?
Di particolare interesse sono i dati stilati da un ricercatore del Mali, Alassane Dicko, che ha dichiarato che il Mosquirix può contribuire a ridurre le morti infantili per malaria anche di un notevole 73%, ma solo se usato in concomitanza all’assunzione mensile di specifici farmaci anti-malarici. Ed è, quest’ultimo, un “se” tutt’altro che irrilevante, dal momento che è stato appurato proprio quest’anno che certi plasmodi della malaria hanno sviluppato capacità di resistenza alla famiglia di farmaci finora in prima linea nella lotta al contagio.
In questo quadro generale della situazione, trovano solido fondamento le preoccupazioni di quegli scienziati che, di fronte all’eccitazione per l’approvazione del Mosquirix, temono che nel finanziare la distribuzione di questo vaccino si finisca per sottovalutare l’insostituibilità di altre misure di sicurezza. Insetticidi e zanzariere continuano ad essere i mezzi preventivi più pragmatici ed efficaci, e sarà cruciale, trattandosi di beni non così scontati nei Paesi dell’Africa in cui la malaria è endemica, che la loro messa a disposizione non venga sacrificata nel puntare i riflettori sul vaccino.
A cura di Enrico Forte