Che siano di gioia o di tristezza, le lacrime fanno parte della nostra quotidianità. Eppure quanti di noi saprebbero confermare che, senza accorgercene, “piangiamo” continuamente, una volta ogni pochissimi secondi? Il liquido lacrimale, infatti, viene rinnovato ogni volta che battiamo le palpebre, il che implica che quello in eccesso debba essere in qualche modo smaltito. Il motivo per cui non ce ne rendiamo conto è che il liquido defluisce prima nella sacca lacrimale (quella visibile nell’angolo interno dell’occhio), quindi attraverso un apposito condotto scende nella cavità nasale. Proprio così, “piangiamo” (per così dire) di continuo e lo facciamo con il naso.
La produzione delle lacrime
Ma andiamo con ordine: se è questo il percorso con cui viene smaltito per essere ricambiato, dov’è che il liquido lacrimale trae la sua origine?
I suoi centri di produzione sono due ghiandole sottopelle, ciascuna collocata in alto a destra di ogni bulbo oculare, indicativamente al di sotto dell’estremità esterna delle sopracciglia. In totale, ognuna delle due ghiandole lacrimali produce al giorno circa 1 mL di lacrime: dal momento che, come dicevamo, il ricambio di liquido avviene ad ogni battito di palpebra, e visto che in linea di massima battiamo le palpebre 10 mila volte al giorno, possiamo prendere atto che basta la secrezione di una quantità davvero ridotta di liquido lacrimale per mantenerlo rinnovato ed efficiente.
Le funzioni delle lacrime
Il liquido svolge un ruolo essenziale nell’ambito del sistema difensivo dell’occhio: oltre a componenti vari tra cui sali e glucosio, questa soluzione include anche il lisozima, un enzima battericida che si occupa di fare pulizia di svariate specie di batteri. Inoltre, il liquido lacrimale ha la facoltà di agevolare lo scivolamento sull’occhio di eventuali corpi estranei fino alla loro espulsione per mezzo delle palpebre.
Proprio le palpebre, similmente all’azione dei tergicristalli sul parabrezza, hanno il compito di distribuire il liquido sulla cornea, evitando che esso rimanga in uno stato di immobilità. Senza movimento e ricambio, infatti, l’esile strato lacrimale evaporerebbe molto in fretta, lasciando la superficie dell’occhio disidrata. Questa ne risentirebbe in trasparenza, e la visibilità risulterebbe ridotta in modo tutt’altro che insignificante.
Da parte sua, l’azione lubrificante del liquido lacrimale “restituisce il favore” alle palpebre proprio permettendo loro di scorrere su e giù senza attriti, e soprattutto impedendo alla rima palpebrale superiore di ciascun occhio di rimanere incollata – come avverrebbe in condizioni di secchezza – alla rispettiva rima palpebrale inferiore. Palpebre e liquido lacrimale, insomma, sono due strumenti che lavorano congiuntamente per garantire ognuno il corretto funzionamento dell’altro.
Secchezza oculare e lacrime artificiali
L’unica occasione in cui la produzione di liquido si arresta è quando gli occhi sono chiusi (tipicamente durante il sonno) perché l’evaporazione è impedita dalle barriere delle palpebre abbassate.
Nondimeno, molte persone (circa un quarto degli abitanti, prendendo come dominio la popolazione italiana) soffrono di secchezza oculare, una sindrome determinata da una produzione di lacrime inferiore alla norma e, pertanto, da una favorita evaporazione del liquido lacrimale stesso. Chi è soggetto a questo disturbo può farvi fronte attraverso l’uso di lacrime artificiali (ad esempio i colliri), validi sostituti composti da derivati della cellulosa.
Può dover ricorrere all’utilizzo di lacrime artificiali anche chi lavora molte ore davanti al computer, chi pratica sport in piscina senza occhialini e chi usa a lungo le lenti a contatto: si tratta di un rimedio efficace per dare sollievo alla cornea ed evitare difficoltà nella vista.
Il pianto
La secrezione del liquido lacrimale, comunque, dipende dagli impulsi che sopraggiungono alle ghiandole attraverso il sistema nervoso. È per questo che uno stimolo emotivo molto intenso, sia esso di dolore sia esso di piacere, può determinare un esubero nella sua produzione: è per questo che, anziché dileguarsi in sordina nella cavità nasale, talvolta le lacrime si ritrovano a traboccare dalle palpebre inferiori, scivolando giù per le guance. Ed è ovviamente questa l’immagine del pianto a cui siamo abituati.
A cura di Enrico Forte