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“Camminata per la pace”, in Valle Olona

Le Amministrazioni Comunali dei Comuni della Valle Olona invitano tutti i cittadini a partecipare ad una semplice camminata di solidarietà per i popoli colpiti dall’attuale crisi in Ucraina.

Sarà l’occasione per colorare la nostra Valle con un piccolo messaggio di speranza e di pace e per ricevere utili informazioni su come poterci rendere concretamente e proficuamente utili di fronte all’emergenza in atto.

Il ritrovo sarà VENERDI’ 4 MARZO 2022 alle ore 17:45 presso la Chiesetta di San Vitale in Gorla Maggiore.
Da qui alle ore 18:00 partirà la breve camminata che ci condurrà all’Approdo dei Calimali di Fagnano Olona.

Presso l’Approdo dei Calimali di Fagnano Olona, alle ore 18:30 ci sarà un breve intervento dei Sindaci e di alcuni referenti delle principali realtà che si stanno occupando di raccolte fondi ed aiuti per l’assistenza ai popoli colpiti dalla guerra in corso.

Il tutto si concluderà con un momento di preghiera per la Pace.

N.B. Per chi non volesse o potesse camminare, ci sarà la possibilità di trovarsi direttamente presso l’Approdo dei Calimali alle ore 18:30.

 

Non verranno raccolte donazioni di alcun genere durante l’evento, ma verranno indicate le modalità per poter dare il proprio contributo agli enti ed associazioni addette.

Durante la camminata, dovranno essere adottate tutte le disposizioni di sicurezza ed in prevenzione del contagio da Covid19.

Le bugie sul sistema trasfusionale

La pandemia, è chiaro, ha compromesso in maniera sensibile il servizio della donazione sanguigna: sono due anni che l’avvicendarsi di quarantene regionali e quarantene individuali interdice a tanti avisini la possibilità di recarsi al centro trasfusionale, determinando periodi anche lunghi caratterizzati da scarsità di sacche. La speranza di tornare (seppur con lentezza) ai regolari ritmi delle donazioni è arrivata coi vaccini, ed è una speranza che si fa sempre più concreta ad ogni somministrazione. Eppure, contro ogni passo della campagna vaccinale sembra rafforzarsi, tra molti donatori, una specie di reazione di attrito: più veloce della diffusione del vaccino, infatti, c’è solo il dilagare della disinformazione, o meglio dell’anti-informazione

Tra le invenzioni che più hanno “successo” c’è l’affermazione che il sangue ricevuto da donatori vaccinati vada incontro a coagulazione, il che è un grave stravolgimento della realtà delle cose. «Non c’è distinzione tra il sangue dei vaccinati e dei non vaccinati» ha ribadito il presidente di Avis Nazionale Gianpietro Briola, in occasione di un’intervista presso la trasmissione “Siamo noi” di Tv2000. D’altronde, se ci fosse qualsivoglia anomalia, questa non sfuggirebbe alla meticolosa fase di verifica che ogni centro trasfusionale effettua prima di una donazione. 

Il pericolo di bufale come quella del sangue-che-si-coagula è più che serio, se si considerano non solo le persone che si lasciano allarmare, ma anche coloro che sull’onda di queste paranoie arrivano a osteggiare l’altrui bisogno di donazioni: a Modena, per esempio, una coppia ha preteso, in vista di un intervento chirurgico al figlio di due anni, che il piccolo ricevesse solo trasfusioni da persone non vaccinate. Una richiesta quanto mai scellerata, dal momento che ormai la maggior parte della popolazione è vaccinata, e impedire loro di donare significherebbe dare il colpo di grazia al nostro sistema di raccolta.

Per buona sorte, come spiega anche il direttore del Centro Nazionale Sangue Vincenzo De Angelis, «sangue e plasma non sono veicoli di trasmissione né del Covid né di presunti effetti collaterali del vaccino». Non possiamo permetterci, dunque, di sprecare le abbondanti ricchezze di un sangue perfettamente idoneo.

È questo che le AVIS di tutta Italia si impegnano pazientemente a spiegare, soprattutto in risposta alle incessanti telefonate che tempestano una sede dopo l’altra: telefonate che talvolta vogliono solo ricevere delucidazioni e sono disposte ad ascoltare, ma che più spesso assumono toni accesi, aggressivi, spesso proprio intimidatori, sulla base di una fotografia deformata dal fuoco delle fake news.

L’altro orizzonte della diffamazione nei confronti del sistema trasfusionale, per l’appunto, è quello che insinua che per donare sia necessario il Green Pass: ecco perché in tanti si mettono a urlare all’ingiustizia, ecco da dove scaturisce l’impulso alle telefonate minatorie. Solo che questa voce non potrebbe essere più distante dalla verità: il possesso della certificazione verde non è affatto richiesto per sottoporsi a una donazione, essendo la donazione descritta dal Ministero della Salute come “livello essenziale di assistenza”. «Noi cerchiamo sangue» ha spiegato il presidente Briola «solo di persone, vaccinate e non vaccinate, in buona salute, solidali e desiderose di compiere un gesto a favore di tutti i malati».

Ma non ci sia il timore, dall’altra parte, di esporsi al Covid accedendo a una sede AVIS: ogni centro è comunque tenuto, per ogni accesso (che deve avvenire su prenotazione), a ripetere la procedura di sicurezza e a far rispettare le misure di prevenzione.

L’anti-informazione è alimentata da individui che in realtà nulla sanno del sistema trasfusionale: l’unico modo per batterli è dare voce alle risposte giuste, e farlo alla svelta.

 

A cura di Enrico Forte

Convocazione Assemblea Annuale – domenica 27 febbraio

Avisine e Avisini

Come ogni anno si svolge la consueta Assemblea  dei soci.

Si può pensare che sia la solita e noiosa riunione dove vengono snocciolati i soliti numeri e le solite statistiche con le solite relazioni.

In parte è vero.

C’è un solo modo per rendere l’Assemblea un momento di confronto, di discussione, di nuove proposte.

È la vostra partecipazione numerosa.

Noi del Direttivo cercheremo di rendere più snella la parte informativa e lasciare più spazio alla discussione e alle proposte.

Solo in questo modo il Direttivo potrà avvalersi di nuove idee e tramutarle in proposte concrete.

 

Vi invito, pertanto,

DOMENICA 27 FEBBRAIO 2022

ORE 09.30

PRESSO IL CENTRO SOCIO CULTURALE DI SOLBIATE OLONA

VIA PATRIOTI 31

 

VI ASPETTO NUMEROSI

 

Il Presidente

Bianchi Giuseppe

Giornata Mondiale delle Cardiopatie Congenite

Il 14 febbraio non è solo San Valentino, patrono degli innamorati e protettore degli epilettici di cui, oltretutto, si celebra oggi la giornata: il Ministero della Salute, in collaborazione con l’Associazione Italiana dei Cardiopatici Congeniti Adulti AICCA Onlus, ha istituito per la data odierna la Giornata mondiale delle cardiopatie congenite, ovvero tutte quelle malattie collegate ad uno sviluppo anomalo del sistema cardiovascolare – cuore e grossi vasi – in fase embrionale. Circa 8 bambini su 1000 nascono affetti da difetti cardiaci congeniti, una delle principali cause di morbilità neonatale. Non se ne conoscono precisamente le cause: alcuni dipendono dall’esposizione a fattori teratogeni come il virus della rosolia, ma la maggior parte dei difetti si ritiene siano causati da più fattori genetici ed ambientali.

Laddove diagnosticabili mediante ecocardiografia (alcune cardiopatie, infatti, si manifestano solo tardivamente), la maggior parte dei difetti congeniti sono ben tollerati durante la vita fetale e causano solo disabilità di lieve entità o si risolvono spontaneamente senza necessità di intervento chirurgico; altri, al contrario, richiedono una trattazione tempestiva. 

Già Aristotele osservò che il cuore comincia a battere nelle prime fasi di sviluppo intrauterino (primum oriens, ultimum moriens), verosimilmente fra il 22esimo e 23esimo giorno dopo l’ovulazione e la fecondazione. Questo sviluppo così precoce avviene perché l’embrione in crescita non può più soddisfare i suoi bisogni di nutrizione e ossigeno per sola diffusione, ma deve essere maggiormente in grado di assorbire ossigeno e sostanze nutritizie dal sangue materno ed eliminare anidride carbonica e altri metaboliti. Si tratta tuttavia di un cuore primordiale, ben lontano da quello che concepiamo come il cuore “adulto”. Per capire, pertanto, l’origine embriologica di queste patologie, bisogna immaginare che il cuore primordiale non è altro che un tubo cardiaco che progressivamente si allunga, si ripiega e si introflette, formando una serie di dilatazioni e costrizioni alternate. 

Nel cuore primitivo riconosciamo così un atrio primitivo, un canale atrioventricolare, un ventricolo primitivo e il bulbo cardiaco con il tronco arterioso, cavità e spazi destinati ad essere separati da setti e valvole per formare un cuore “sano” con due atri, due ventricoli e altrettante strutture: è proprio dalla mancata o anomala formazione di questi setti e valvole che originano le principali cardiopatie congenite, cui si aggiungono le anomalie dei vasi collegati al cuore come il tronco arterioso, le vene polmonari e gli archi aortici. Si parlerà quindi di anomalia del setto atriale quando i due atri non risulteranno correttamente separati; analogo discorso per il setto ventricolare che divide i due ventricoli, le cui anomalie sono i tipi più comuni di difetti cardiaci congeniti. Il sistema cardiovascolare fetale necessita inoltre di “strutture” che gli sono fondamentali per una corretta e completa circolazione sanguigna prenatale. Non servono invece nella circolazione sanguigna adulta, in cui rappresenterebbero, al contrario, situazioni patologiche: la persistenza di queste strutture è dunque all’origine di altre importanti cardiopatie congenite, come il forame ovale pervio e la persistenza del dotto di Botallo

Come si può intuire, poiché la suddivisione del cuore primitivo è il risultato di complessi processi cellulari e molecolari, le anomalie dei setti cardiaci sono relativamente comuni. Grazie ai recenti progressi in chirurgia cardiovascolare, molti tipi di difetti cardiaci congeniti vengono efficacemente corretti e risolti. Nei casi più gravi, non sono compatibili con la vita extrauterina.

 

A cura di Francesca Genoni

Fonte: Lo sviluppo prenatale dell’uomo – Keith L. Moore

 

Epilessia e Donazione di sangue

Il 14 febbraio 2022 verrà celebrata la Giornata Mondiale dell’Epilessia, una delle malattie neurologiche oggi più diffuse con circa 65 milioni di casi nel mondo. 

L’epilessia è un disturbo neurologico caratterizzato dall’insorgenza di crisi epilettiche ricorrenti e spontanee, ossia non correlate a fattori di stress. Con “crisi epilettica” si identifica un evento clinico provocato da una scarica elettrica anomala a livello della corteccia cerebrale, che interrompe transitoriamente la normale funzionalità cerebrale. 

Si parla di Epilessia Primaria quando non è associata a lesioni cerebrali (tumori, malformazioni, eventi infiammatori, etc.), mentre se sono presenti lesioni viene diagnosticata come Epilessia Secondaria o Sintomatica. Oggi, oltre il 70% delle epilessie primarie è curabile. Per quelle secondarie, tutto dipende dalla causa scatenante.

Nelle crisi parziali i sintomi dipendono dall’area cerebrale (motoria, sensitiva o del linguaggio) interessata. Possono insorgere scatti, formicolii, senso di nausea, disturbi sensitivi o difficoltà a parlare. Mentre in caso di crisi generalizzata, i soggetti perdono improvvisamente coscienza ed è possibile che si associno anche contrazioni muscolari diffuse, contrattura mandibolare e cianosi temporanea del volto. 

La persona che presenta crisi epilettiche, anche una volta rimossi i possibili fattori scatenanti, deve sottoporsi ad un trattamento farmacologico anticonvulsionante, al fine di eliminare o almeno controllare le manifestazioni epilettiche. 

I soggetti che devono sottoporsi al trattamento vengono sospesi dalla donazione di sangue, ma potranno essere nuovamente accettati una volta trascorsi 3 anni dalla cessazione della terapia anticonvulsionante senza ricadute. 

La diagnosi di epilessia è primariamente clinica, basata sulla descrizione degli episodi critici da parte del paziente, poi è necessario sottoporsi ad esami specifici. I più importanti sono l’elettroencefalogramma (EEG), con cui vengono individuate possibili anomalie nella regolare attività elettrica del cervello e la Risonanza magnetica dell’encefalo, che è fondamentale per ricercare o escludere una patologia cerebrale strutturale.

A cura di Marta Pieretti

Fonti:

https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/malattie-neurologiche/epilessia/epilessia

https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/e/epilessia

L’invisibile importanza della lacrime

Che siano di gioia o di tristezza, le lacrime fanno parte della nostra quotidianità. Eppure quanti di noi saprebbero confermare che, senza accorgercene, “piangiamo” continuamente, una volta ogni pochissimi secondi? Il liquido lacrimale, infatti, viene rinnovato ogni volta che battiamo le palpebre, il che implica che quello in eccesso debba essere in qualche modo smaltito. Il motivo per cui non ce ne rendiamo conto è che il liquido defluisce prima nella sacca lacrimale (quella visibile nell’angolo interno dell’occhio), quindi attraverso un apposito condotto scende nella cavità nasale. Proprio così, “piangiamo” (per così dire) di continuo e lo facciamo con il naso.

 

La produzione delle lacrime

Ma andiamo con ordine: se è questo il percorso con cui viene smaltito per essere ricambiato, dov’è che il liquido lacrimale trae la sua origine?

I suoi centri di produzione sono due ghiandole sottopelle, ciascuna collocata in alto a destra di ogni bulbo oculare, indicativamente al di sotto dell’estremità esterna delle sopracciglia. In totale, ognuna delle due ghiandole lacrimali produce al giorno circa 1 mL di lacrime: dal momento che, come dicevamo, il ricambio di liquido avviene ad ogni battito di palpebra, e visto che in linea di massima battiamo le palpebre 10 mila volte al giorno, possiamo prendere atto che basta la secrezione di una quantità davvero ridotta di liquido lacrimale per mantenerlo rinnovato ed efficiente.

 

Le funzioni delle lacrime

Il liquido svolge un ruolo essenziale nell’ambito del sistema difensivo dell’occhio: oltre a componenti vari tra cui sali e glucosio, questa soluzione include anche il lisozima, un enzima battericida che si occupa di fare pulizia di svariate specie di batteri. Inoltre, il liquido lacrimale ha la facoltà di agevolare lo scivolamento sull’occhio di eventuali corpi estranei fino alla loro espulsione per mezzo delle palpebre.

Proprio le palpebre, similmente all’azione dei tergicristalli sul parabrezza, hanno il compito di distribuire il liquido sulla cornea, evitando che esso rimanga in uno stato di immobilità. Senza movimento e ricambio, infatti, l’esile strato lacrimale evaporerebbe molto in fretta, lasciando la superficie dell’occhio disidrata. Questa ne risentirebbe in trasparenza, e la visibilità risulterebbe ridotta in modo tutt’altro che insignificante.

Da parte sua, l’azione lubrificante del liquido lacrimale “restituisce il favore” alle palpebre proprio permettendo loro di scorrere su e giù senza attriti, e soprattutto impedendo alla rima palpebrale superiore di ciascun occhio di rimanere incollata – come avverrebbe in condizioni di secchezza – alla rispettiva rima palpebrale inferiore. Palpebre e liquido lacrimale, insomma, sono due strumenti che lavorano congiuntamente per garantire ognuno il corretto funzionamento dell’altro.

 

Secchezza oculare e lacrime artificiali

L’unica occasione in cui la produzione di liquido si arresta è quando gli occhi sono chiusi (tipicamente durante il sonno) perché l’evaporazione è impedita dalle barriere delle palpebre abbassate.

Nondimeno, molte persone (circa un quarto degli abitanti, prendendo come dominio la popolazione italiana) soffrono di secchezza oculare, una sindrome determinata da una produzione di lacrime inferiore alla norma e, pertanto, da una favorita evaporazione del liquido lacrimale stesso. Chi è soggetto a questo disturbo può farvi fronte attraverso l’uso di lacrime artificiali (ad esempio i colliri), validi sostituti composti da derivati della cellulosa.

Può dover ricorrere all’utilizzo di lacrime artificiali anche chi lavora molte ore davanti al computer, chi pratica sport in piscina senza occhialini e chi usa a lungo le lenti a contatto: si tratta di un rimedio efficace per dare sollievo alla cornea ed evitare difficoltà nella vista.

 

Il pianto

La secrezione del liquido lacrimale, comunque, dipende dagli impulsi che sopraggiungono alle ghiandole attraverso il sistema nervoso. È per questo che uno stimolo emotivo molto intenso, sia esso di dolore sia esso di piacere, può determinare un esubero nella sua produzione: è per questo che, anziché dileguarsi in sordina nella cavità nasale, talvolta le lacrime si ritrovano a traboccare dalle palpebre inferiori, scivolando giù per le guance. Ed è ovviamente questa l’immagine del pianto a cui siamo abituati.

A cura di Enrico Forte

IL BLUE MONDAY È DAVVERO IL GIORNO PIÙ TRISTE DELL’ANNO?

Il terzo lunedì di gennaio, quest’anno il 17, è popolarmente noto come Blue Monday, “Lunedì triste”, più precisamente il giorno più deprimente dell’anno per gli abitanti dell’emisfero boreale. La scelta del blu trova origine nella cultura anglosassone, dove rappresenta per eccellenza il colore della tristezza, della malinconia e del rimpianto: proprio l’inverno è la stagione in cui queste sensazioni vengono maggiormente percepite dalla popolazione, generando la cosiddetta Winter Blues, depressione invernale.

Il concetto secondo cui proprio in questa data, ma più in generale fra il secondo lunedì e la fine di gennaio, ci si senta maggiormente depressi rispetto agli altri giorni sarebbe giustificato dal fatto che in questo periodo il cervello realizzi inconsciamente la fine delle festività natalizie e la ripresa delle attività lavorative. La teoria fu elaborata per la prima volta nel 2005 dal dottor Cliff Arnall, psicologo dell’Università di Cardiff, e resa nota mediante un comunicato stampa del canale televisivo britannico Sky Travel. 

Arnall avrebbe individuato la data tramite una bizzarra equazione, pensata per le compagnie di viaggio perché volta ad analizzare la maggiore tendenza dei propri clienti a prenotare un viaggio quando presi da uno stato di profondo malumore e depressione. I fattori da lui considerati furono molteplici: condizioni meteo (W), capacità di fronteggiare i debiti accumulati dopo le festività (D-d), tempo trascorso dal Natale (T), fallimento dei buoni propositi (Q), bassi livelli di motivazione (M) e crescente necessità di agire (Na). L’equazione pubblicata fu la seguente: [W+(D-d)]TQMNa. Tale teoria, evidentemente priva di fondamento scientifico (può l’andamento del nostro umore essere ridotto al risultato di un’equazione?), fu poi diversamente declinata da altre compagnie sempre per scopi pubblicitari. Arnall sarebbe stato in grado di calcolare anche il giorno più felice dell’anno, che tende invece a cadere vicino al solstizio d’estate nell’emisfero boreale. 

Il tema del Blue Monday offre diversi spunti di riflessione, in particolare quello della salute psichica, argomento particolarmente delicato e discusso specialmente dopo che in Italia il “Bonus Salute Mentale” non è rientrato nella legge di Bilancio 2022, nonostante i due anni di pandemia abbiano avuto effetti devastanti sotto questo aspetto: si attesta intorno al 40% l’incremento di coloro che hanno richiesto l’aiuto di uno psicologo o uno psichiatra, ma si tratta di un trend destinato a salire. La salute psichica non merita la stessa attenzione e cura riservata alla salute fisica? Risponderebbe l’OMS: non c’è salute senza salute mentale.

È universalmente noto come i Paesi più ricchi ed economicamente stabili registrino un elevato numero di suicidi, più di altri Paesi in maggiore difficoltà economica. Dati allarmanti vengono dai Paesi del Nord Europa: secondo uno studio condotto fra il 2012 e il 2016, il 12,3% della popolazione dei Paesi Nordici è in condizioni di infelicità e di sofferenza psicologica, percentuale che sale fino al 16% fra gli over 80. L’Europa è il primo continente al mondo per tasso di suicidi ogni 100.000 abitanti ed è la Groenlandia a detenere il triste primato. 

La speranza è che venga data sempre più importanza e attenzione al tema della salute psichica, anche tramite reali stanziamenti da parte dei governi, e che grandi compagnie senza scrupoli non sfruttino questa crescente e diffusa fragilità per meri interessi economici. 

 

A cura di Francesca Genoni

 

Fonti:

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Blue_Monday_(data)

https://www.huffingtonpost.it/entry/bonus-psicologo-quellurlo-della-mente-da-ascoltare_it_61e13b1be4b0e612f6fa324e

https://amp24.ilsole24ore.com/pagina/ABZwZWdB

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Stati_per_tasso_di_suicidio

La calza della Befana per i più piccoli

Anche quest’anno la Befana è arrivata a portare i suoi doni ai più piccoli!

Grazie ai volontari della Sottosezione di Avis Borsano infatti, i bambini delle Scuole dell’Infanzia San Giuseppe e Soglian di Borsano hanno ricevuto in questi giorni, con l’aiuto delle loro maestre, la tradizionale calza della Befana, contenente dolci, ma anche un biglietto di presentazione della realtà avisina.

Una tradizione ormai consolidata per rinsaldare il legame tra Avis e il territorio.

In foto, i volontari intenti a confezionare le 165 calze distribuite ai bambini.

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