Endometriosi e Vulvodinia, intervista alla Dott.ssa Maria Luisa Livello
Affrontiamo oggi il tema delle patologie dell’apparato genitale femminile, in particolare endometriosi e vulvodinia, con la dott.ssa Maria Luisa Livello, Medico Chirurgo specialista in Ostetricia e Ginecologia.
Buongiorno dott.ssa Livello. Cominciamo con una domanda un po’ generale: quanto è importante, già per le giovani donne, essere seguite da uno specialista?
Il dolore in ambito ginecologico va sempre considerato con attenzione, non considerandolo naturale o inevitabile come il dolore mestruale o la dispareunia, cioè il dolore ai rapporti sessuali, poiché possono essere spia di situazioni patologiche sottostanti, e comunque possono sempre essere trattate per migliorare la qualità di vita.
Entriamo in uno dei due principali argomenti di oggi. Cos’è l’endometriosi?
L’endometriosi è caratterizzata dalla presenza di endometrio al di fuori della cavità uterina. È una patologia tipica del periodo fertile della donna, causata dal sanguinamento ciclico del tessuto ectopico in concomitanza del flusso mestruale: questo determina una reazione infiammatoria locale nella sede dell’impianto endometriosico. Le sedi più frequentemente interessate sono il peritoneo pelvico con possibile formazione di aderenze, le ovaie con formazioni di cisti endometriosiche e, meno frequentemente, localizzazioni profonde come il setto fra retto e vagina, la vescica o l’intestino. Un’altra forma particolare è l’adenomiosi, con presenza di isole di endometrio nello spessore del miometrio, cioè della parete uterina.
Si stima che possa interessare dal 6 al 10% delle donne. Le cause ipotizzate sono la cosiddetta mestruazione retrograda attraverso le tube, che può avvenire anche in epoca neonatale, o la trasformazione in senso endometriale di cellule peritoneali o residui embrionali, che alla pubertà vengono stimolati dagli ormoni (estrogeni e progesterone) e iniziano a crescere. Il sintomo più frequente è il dolore, che può essere inizialmente correlato alla mestruazione (dismenorrea), ma spesso evolve in dolore pelvico cronico, talvolta causato o accentuato dai rapporti sessuali (dispareunia), in particolare nelle forme profonde o con estese aderenze fra gli organi pelvici.
Quali sono i rischi per le donne che ne soffrono?
Una possibile conseguenza dell’endometriosi è l’infertilità, che può essere data dalle lesioni delle tube che vengono occluse, o a volte fissate da aderenze che ne alterano la mobilità con possibile sviluppo di gravidanze extrauterine. Talvolta anche le donne senza lesioni tubariche non riescono ad ottenere gravidanze, si suppone per alterazioni immunologiche legate alla patologia.
Nelle donne che arrivano alla visita, nella maggior parte dei casi per dolori mestruali o addominali, o perché non riescono a restare incinte, la visita ginecologica può, se non diagnosticare, porre il sospetto di endometriosi, che può essere confermato nella maggior parte dai casi da un’ecografia pelvica, possibilmente per via transvaginale.
In alcuni casi si può trovare un lieve aumento del CA 125, un marker del tumore ovarico. In alcuni casi però è necessario approfondire le indagini con la risonanza magnetica o la laparoscopia, che può individuare le lesioni peritoneali non individuabili con altri metodi.
Esiste una cura?
La terapia più semplice ed economica, in tutti i sensi, è l’assunzione di un contraccettivo ormonale estroprogestinico o solo progestinico in continuo, questo per impedire la mestruazione riducendo contemporaneamente la concentrazione di ormoni circolanti. Anche la gravidanza, nei casi in cui si vuole e si riesce ad ottenere, può migliorare la sintomatologia dolorosa e la progressione delle lesioni poiché non si ha il sanguinamento ciclico.
Si possono utilizzare altri farmaci ormonali che comunque bloccano l’attività ovarica e quindi la mestruazione, come gli agonisti e antagonisti del GnRH e altri preparati ormonali, a fronte peraltro di maggiori effetti collaterali e di un costo più elevato.
Nei casi di endometriosi più grave o di grosse cisti, o di dolore non trattabile con i farmaci, la terapia indicata è chirurgica, per rimuovere le cisti, le aderenze e i noduli.
Di recente si è cominciato a parlare di un’altra disfunzione dell’apparato genitale femminile: parliamo della vulvodinia.
Anche il dolore vulvare è una causa frequente di consultazione ginecologica. Più frequentemente in età fertile è dato da infezioni vulvari o vulvovaginali che si risolvono facilmente con brevi terapie, mentre in postmenopausa il dolore è causato più spesso dall’atrofia vulvovaginale da carenza ormonale. In alcuni casi la situazione non è legata a cause evidenti, il dolore non si associa ad alcuna lesione visibile e si parla di vulvodinia. È una patologia identificata come entità autonoma solo nelle ultime due-tre decadi, caratterizzata da ipersensibilità della vulva a stimoli normalmente non dolorosi, come il semplice sfioramento. Il dolore è presente di solito durante i rapporti sessuali, ma in alcuni casi si manifesta anche senza un apparente stimolo, diventa cronico e compromette oltre la vita di relazione anche le attività quotidiane e il benessere psicologico.
La vulvodinia non è riconosciuta tanto come una malattia quanto più come una “sensazione dolorosa cronica”. Cosa ne pensa?
Non è chiaro quale sia la causa della vulvodinia; l’ipotesi più considerata è che una lesione locale come un’infezione o, meglio, infezioni ricorrenti da Candida anche dopo la guarigione determinino una sensibilità aumentata dei recettori del dolore periferici o ci sia percezione alterata del sistema nervoso centrale; si ritiene comunque che la genesi della patologia sia multifattoriale, e che il fattore scatenante che può essere infettivo o irritativo determini dolore cronico in donne che hanno problemi sessuali o una storia di esperienze negative o abusi nell’infanzia o adolescenza. La vulvodinia è anche spesso associata ad altre sindromi dolorose croniche, come il colon irritabile, la fibromialgia e la sindrome da stanchezza cronica, ed è più frequente in donne che soffrono di ansia o depressione. Il trattamento quindi deve considerare le possibili cause anche remote di questa sensibilità dolorosa, quindi oltre alla terapia medica locale o generale per alleviare il sintomo va considerata anche la terapia comportamentale e un supporto psicologico.
Nei casi più resistenti si possono utilizzare anche terapie desensibilizzanti con infiltrazioni locali o neurostimolazione con varie tecniche, mentre la terapia chirurgica è limitata a casi particolari.
A cura di Francesca Genoni