Il sistema nervoso capta e decodifica gli stimoli esterni, quindi elabora risposte. Questi scambi tra periferie corporee e cervello avvengono sotto forma di segnali elettrici: scopo di un neurone (ossia una cellula nervosa) è proprio tradurre e trasmettere un’informazione tramite un impulso elettrico. Per svolgere questo compito, come tutte le altre cellule, i neuroni richiedono energia; e per ottenere energia è anzitutto imperativo che il sangue faccia il proprio dovere.
Si chiama metabolismo energetico, la successione di milioni di reazioni chimiche con cui una cellula ricava e accumula energia. La “materia grezza” di partenza è rappresentata dalle sostanze derivate dalla digestione e da quelle introdotte con la respirazione, che il sangue provvede a trasportare a tutte le cellule dell’organismo. Tra queste materie prime, in particolare, svolgono un ruolo insostituibile il glucosio e l’ossigeno: la loro reazione (cioè l’ossidazione del glucosio) produce un’abbondante quantità di energia, che viene per così dire “immagazzinata” in particolari molecole denominate ATP (adenosina trifosfato). Al momento opportuno, poi, questa energia verrà liberata e impiegata dalla cellula per espletare le proprie mansioni.
Nel corso del metabolismo di un neurone non accade niente di troppo diverso, senonché questo tipo di cellula risente di alcune importanti limitazioni. In primo luogo, i neuroni non sono in grado di “fare scorta” né di ossigeno né di glucosio. La maggior parte delle cellule del nostro organismo può sempre contare su riserve del genere: il glucosio viene stoccato sotto forma di una struttura più complessa, il glicogeno; l’ossigeno viene conservato grazie ad una apposita proteina, la mioglobina (da non confondersi con l’emoglobina, presente nei globuli rossi, che serve invece al trasporto di ossigeno). In questo modo, in condizioni sanguigne di carenza di glucosio (ipoglicemia) o di carenza di ossigeno (ipossia), i tessuti possono fare affidamento su queste scorte per ricavare l’energia di cui necessitano per tirare avanti. L’incapacità dei neuroni su questo fronte, invece, fa sì che il sistema nervoso dipenda nel modo più assoluto dal costante rifornimento da parte del sangue. Così il cervello si ritrova ad essere estremamente vulnerabile a ipoglicemia e ipossia, fenomeni ai quali reagisce in genere con una sincope (cioè una transitoria perdita di coscienza). Per di più, la posta in gioco è decisamente più alta rispetto agli altri apparati: le cellule nervose non sono in grado di riprodursi e ciascuna è quindi insostituibile; è sufficiente la morte di un neurone perché tutti i collegamenti (in media tra 500 e 1000) di cui esso era crocevia vadano vanificati per sempre.
Il cervello, che di tutta la massa corporea costituisce solo il 2%, riceve circa 800 mL di sangue ogni minuto. Se si pensa che il cuore pompa 5,25 L/min (quindi 5250 mL/min), ci si rende conto che più di un settimo di tutto questo sangue è dedicato al solo encefalo.
A rendere possibile questa ingente perfusione sanguigna dentro al cranio è una fittissima rete di capillari. Ognuno di essi contiene delle speciali strutture proteiche che funzionano da “dogane” per il sangue in arrivo; vengono designate nel loro insieme col nome di “barriera emato-encefalica”, e impediscono l’intrusione nel cervello della maggior parte dei virus e dei batteri. Le sostanze benefiche invece attraversano la barriera e si distribuiscono verso tutti i neuroni: la nostra materia grigia consuma circa il 60% del glucosio e il 20% dell’ossigeno di tutto il circolo sanguigno.
Le proporzioni di questo incessante “abbeveraggio” energetico sono da attribuirsi alla incalcolabile mole di responsabilità che grava sulle spalle del sistema nervoso: dal riflesso di ritrarre il dito da una fiamma alla stessa contrazione dei muscoli cardiaci, tutto quello che avviene nel nostro organismo, in ogni singolo istante della nostra vita, è coordinato dagli impulsi elettrici dei neuroni. Un essere umano conta all’incirca 100 miliardi di cellule nervose; il numero di connessioni che si instaurano tra di esse è da vertigini. L’energia necessaria per alimentare tutto non può che essere immensa.
La spesa metabolica del cervello (che in totale riguarda il 20% delle chilocalorie assunte durante la giornata) si mantiene costante in tutte le condizioni fisiologiche, dal sonno profondo all’intenso sforzo mentale. Questo significa che anche il flusso sanguigno diretto al cervello non è soggetto a variazioni; tuttavia, se non varia il totale, varia invece l’afflusso ematico regionale. A seconda di quali regioni cerebrali sono più attive in un certo momento, infatti, i neuroni di queste zone mettono in atto alcuni meccanismi regolativi: liberano particolari sostanze chimiche verso i capillari, favorendo la loro dilatazione e richiamando quindi una maggiore quantità di sangue.
Se la perfusione ematica scende eccessivamente al di sotto della soglia di 800 mL/min, il cervello riceve troppo poco glucosio e troppo poco ossigeno. In queste condizioni, l’autonomia dell’organo è garantita solo per pochi minuti. Dopodiché, inariditi dall’assenza di nutrimento, i neuroni vanno uno dopo l’altro incontro a necrosi (cioè muoiono). Se la necrosi arriva a coinvolgere una certa porzione dell’encefalo, il soggetto risentirà per tutta la vita di danni cerebrali permanenti. Se la necrosi si estende su tutte le cellule dell’encefalo, il soggetto è cerebralmente morto, e ciò che rimane di lui può tutt’al più venire sostenuto da macchinari che ne mantengano attive le funzioni primarie (battito, respirazione, ecc.). Ma si tratta ormai di uno stato “vegetativo”, in cui la coscienza della persona è svanita insieme ai neuroni che la determinavano.
Un calo della perfusione di sangue al cervello può avere molte cause scatenanti, da un’ostruzione arteriosa a una disfunzione cardiaca. Il caso più pericoloso, comunque, è senza dubbio l’arresto cardiaco, che ovviamente comporta l’annullamento del flusso sanguigno encefalico. Per sventare l’imminente morte cerebrale del soggetto, è indispensabile che chi è presente durante l’arresto conosca la manovra del massaggio cardiaco e la metta tempestivamente in pratica. Scopo di questo primo soccorso è sostituire manualmente il cuore inerte nel pompaggio del sangue, cosicché l’encefalo rimanga in vita fino all’arrivo del pronto soccorso. Se hai bisogno di un ripasso sulla procedura di BLS (Basic Life Support), ecco un video della Croce Rossa Italiana:
Video tutorial BLS (Basic Life Support)
A cura di Enrico Forte