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Categoria: Avis News

Sextember: il mese della salute sessuale

Sextember è il gioco di parole ideato da Durex per inaugurare, a partire da quest’anno e con il contributo del Centro Medico specialistico Santagostino, un mese completamente dedicato alla salute sessuale (rimandiamo al sito web www.mesedellasalutesessuale.it).

Si tratta di una fra le tante iniziative promosse da Durex dedicate a tematiche di prevenzione con l’obiettivo di sensibilizzare, specialmente i più giovani, all’assunzione di comportamenti sempre più corretti e consapevoli nella sfera affettiva e sessuale. Come riportato anche sul volantino ufficiale della campagna, educare a comportamenti sessuali responsabili è la strategia migliore per contrastare la diffusione delle infezioni sessualmente trasmissibili e proteggere il proprio amore e la propria salute.

Lo scopo principale è quello di spingere a parlare senza paura e senza vergogna di temi come il sesso, la prevenzione e le IST, le infezioni sessualmente trasmissibili, come quella da HIV (Human Immunodeficiency Virus), che se non trattata provoca la Sindrome da ImmunoDeficienza Acquisita, i cui numeri continuano a colpire: in Italia oltre 7 malati su 10 non sanno di essere positivi all’AIDS fino alla diagnosi certa (Fonte: Istituto Superiore di Sanità). Non meno critici i numeri relativi all’infezione da HPV (Human Papilloma Virus), che colpisce 8 donne su 10 (ma può colpire anche i maschi!) nel corso della vita (Fonte: Istituto Superiore di Sanità) e che rappresenta la causa più comune e quindi più evitabile del tumore al collo dell’utero. 

Non stupisce, quindi, che il questionario necessario per accedere alla donazione in AVIS richieda informazioni rispetto alle abitudini sessuali assunte dal paziente nei 4 mesi precedenti. Anche chi dichiara di aver cambiato partner “stabile” viene temporaneamente escluso dalla donazione!

Nel questionario somministrato in Italia, già dal 2001, non vengono fatte differenze fra rapporti eterosessuali, omosessuali e bisessuali, ma nel resto del mondo non è così. È di poche settimane fa la notizia per cui anche in Israele le persone omosessuali potranno donare il sangue, senza che queste debbano più astenersi (se non, appunto, per donare in “sicurezza”) da rapporti sessuali con altri uomini nell’anno precedente (salvo quelli a rischio), il cui sangue prima veniva sì raccolto, ma congelato per poi essere utilizzato solo dopo aver sottoposto il donatore al test per l’HIV.

Sono ancora molti i paesi che vietano la possibilità di donare a persone omosessuali. Non solo nazioni tipicamente conservatrici, come la Polonia o la Cina: fino al 31 gennaio 2021, in Australia un omosessuale che avesse avuto un rapporto con un altro uomo nei precedenti 12 mesi non era idoneo alla donazione https://en.wikipedia.org/wiki/Blood_donation_restrictions_on_men_who_have_sex_with_men). 

Come insegna anche Durex con la sua campagna, occorre superare la concezione antiquata e discriminatoria secondo cui il rischio di trasmissione dell’HIV sia più elevato tra gli omosessuali che tra gli eterosessuali. 

Gli esami del sangue cui tutti i donatori AVIS, senza alcuna distinzione, devono sottoporsi, rappresentano in tal senso un ottimo strumento sia per il monitoraggio dello stato generale di salute del paziente, sia per la prevenzione e la cura delle malattie sessualmente trasmissibili.

 

 

ALTRE FONTI:

https://www.avis.it/it/anche-in-israele-gli-omosessuali-potranno-donare-il-sangue

https://www.avis.it/it/omosessualita-e-donazione-del-sangue-ecco-cosa-succede-nel-resto-del-mondo

 

Donare dopo aver fatto baldoria: si può o non si può?

Adesso che la pausa estiva è agli sgoccioli, inevitabilmente, dilaga dappertutto la smania a coronare le finite ferie con una serata coi fiocchi. Imbastito il buffet, programmata la playlist fino allo spuntare dell’alba, si alzano i calici insieme agli invitati per dare il via alle danze. Quand’ecco che, attraverso l’orlo del bicchiere, un oggetto si infila nel nostro campo visivo; e, dalla parete a cui è appeso, il calendario ci bisbiglia qualcosa…

La donazione! Domani mattina!

Come comportarsi? Si può o non si può donare il sangue il giorno dopo aver fatto baldoria? Per risolvere questo logorante dilemma, esaminiamo una per una le tre principali caratteristiche di ogni festa e sveliamone le correlazioni con il nostro sistema circolatorio: l’alcool, il cibo e la veglia.

 

Donare dopo aver bevuto

Per farla breve: il consumo di elevate quantità d’alcol è vietato non solo durante le 24 ore precedenti, ma anche nei 2-3 giorni prima della donazione. Il motivo è che la presenza di alcol nel corpo finirebbe per compromettere gli esami effettuati prima di ogni donazione, alterando in particolare la concentrazione delle transaminasi: si tratta di enzimi metabolici presenti soprattutto nel fegato, che dopo una gran bevuta li rilascia nel sangue in quantità superiori alla norma. Il riscontro ti questa anomalia obbligherebbe il centro trasfusionale a scartare l’unità di sangue donato. Ora, è vero che l’OMS riconosce come non dannosa un’assunzione giornaliero di 40 grammi di alcol (equivalenti a circa 3 bicchieri di vino) per gli uomini e 20 grammi (1 bicchiere e mezzo) per le donne. Però resta il fatto che ognuno di noi ha un organismo diverso da quello degli altri, e che non è detto che queste presunte soglie massime non risultino già eccessive per qualcuno. Per questo si sconsiglia, quantomeno nel caso della vigilia di una donazione di sangue, di fare affidamento totale su tali parametri.

È comunque tassativamente vietato, sempre per le transaminasi, assumere qualsivoglia quantità d’alcool il giorno della donazione, mentre per chi fa abitualmente ricorso ad alcolici la donazione è interdetta a prescindere, in ragione degli importanti pericoli causati da tale tendenza sull’organismo intero.

 

Donare dopo essersi abbuffati

Sempre per non alterare i valori sanguigni, inoltre, nelle 24 ore precedenti occorre evitare cibi grassi e latticini, prediligendo ad esempio il pesce alla carne, la marmellata al burro. È invece fondamentale assumere molti liquidi per prepararsi al prelievo: oltre all’acqua sono ammessi anche i succhi di frutta e il caffè, ma non si possono bere bevande zuccherate. In ogni caso non si deve digiunare: urge anzi fare il pieno di energie in vista dell’esperienza del dono. Però, si, niente banchetti traboccanti di patatine, pizzette e gassose il giorno prima.

 

Donare senza aver dormito

Per questa sera, dunque, astemi e attenti alla linea. Ma, almeno, rimane la possibilità di darsi all’hangover? È consentito starsene in piedi fino alle prime luci del giorno?

Beh, in effetti nulla lo vieta. L’imminente donatore è tuttavia invitato a ricordare che il prelievo di una sacca di sangue sottoporrà il suo corpo a uno stress fisico non indifferente, e che quindi è consigliabile arrivare ben riposati e in forze: le canoniche 8 ore di sonno, un’utopia irrealizzabile per la gran parte dell’anno, sono in questo caso un obbligo nei confronti di se stessi.

E a proposito del “dopo”… Le regole alimentari restano all’insegna della leggerezza: niente alcolici, niente caffè, niente bibite zuccherate, niente cibi grassi. Dopo una donazione, infatti, è bene non impegnare eccessivamente l’apparato gastroenterico, che altrimenti richiamerebbe a gran voce cospicue quantità di sangue per attuare i processi digestivi – il che, considerando che il donatore si è appena fatto sottrarre quasi mezzo litro di sangue, si tradurrebbe in situazioni spiacevoli per il nostro stato di coscienza. La raccomandazione più importante è di reintegrare i liquidi perduti bevendo molta acqua, zuppe o succhi di frutta.

 

Per cui, di grazia, mettetevi l’anima in pace e rimandate di un paio di giorni la vostra cerimonia di fine estate.

 

 

A cura di Enrico Forte

FONTI:

https://www.avis.it/it/prima-e-dopo-la-donazione-bere-molta-acqua-e-non-solo-d-estate

https://donatorih24.it/2019/01/31/alcol-e-donazione-si-puo-donare-dopo-averlo-assunto/?doing_wp_cron=1630858177.4228599071502685546875

https://www.avisostiano.it/alcool-e-donare-sangue/

In quali province ha soggiornato negli ultimi 28 giorni?

“In quali province ha soggiornato negli ultimi 28 giorni?” è la domanda di rito che le segretarie della nostra Avis ogni anno sono tenute a porre durante il colloquio telefonico con i donatori per l’appuntamento alla donazione che va da maggio a novembre.

Una domanda indispensabile per la lotta contro il West Nile Virus, un arbovirus cui le zanzare del tipo Culex sono portatrici e le cui punture possono trasmettere all’uomo. Nulla di cui allarmarsi poiché l’infezione umana è l’80% dei casi asintomatica, nel 20% con sintomi pseudo-influenzali. Solo lo 0,1% dei casi sviluppa una sintomatologia neurologica del tipo meningite e meningo-encefalite. Poiché il virus non si trasmette da persona a persona tramite contatto, ma può avvenire in caso di contatto tra sangue e sangue, l’Avis è tenuta a porre una particolare attenzione onde evitare la trasmissione del virus.

Naturalmente ogni sacca di sangue viene testata con un esame specifico, ma la domanda di rito permette di escludere alcuni donatori i cui spostamenti risultano già a rischio. La sospensione permane per 28 giorni dal soggiorno a rischio.

Di seguito le province segnalate fino a questo momento (ma è possibile controllare giorno per giorno tutti gli aggiornamenti qui: https://www.avis.it/it/west-nile-virus-nuove-misure-di-sicurezza-nelle-province-italiane): Alessandria, Bergamo, Bologna, Brescia, Cremona, Ferrara, Gorizia, La Spezia, Lodi, Mantova, Modena, Monza e Brianza, Padova, Parma, Pavia, Piacenza, Pordenone, Ravenna, Reggio Emilia, Rovigo, Treviso, Udine, Venezia, Vercelli e Verona.

Colpo di calore: come riconoscerlo, gestirlo e prevenirlo

In estate, alte temperature e tassi di umidità elevati sono due fattori che, se mixati con comportamenti scorretti e imprudenti, possono predisporre allo sviluppo di un colpo di calore

Con “colpo di calore” si intende l’incapacità del nostro organismo di regolare un incremento anomalo della temperatura corporea. Ciò comporta una produzione eccessiva di calore, che è maggiore rispetto alla facoltà di dispersione. 

Persone di entrambi i sessi e di tutte le età possono esserne soggetti. Maggiormente predisposti sono i più fragili, ovvero i bambini e gli anziani, i quali hanno un meccanismo di termoregolazione interna meno efficiente. 

Si presenta con una diversa sintomatologia a seconda della gravità. Più frequentemente il colpo di calore si manifesta con un senso di spossatezza generale, crampi muscolari, sensazione di nausea e vomito, associati ad una sudorazione copiosa ed un stato confusionale. Nei casi più gravi, si può verificare un aumento della frequenza cardiaca e della respirazione, fino ad una perdita di conoscenza.

In caso di sospetto di colpo di calore è fondamentale cercare immediatamente l’aiuto di un medico e nel frattempo cercare di abbassare la temperatura corporea. È necessario spostare il soggetto all’ombra, fare impacchi con acqua fredda su testa e collo e vaporizzare acqua su tutto il corpo. 

È possibile evitare questo rischio scegliendo con buon senso tempi e modi dell’esposizione al sole, proteggendosi in maniera adeguata e mantenendosi ben idratati durante il corso della giornata. In caso di attività sportiva all’aperto è consigliabile: non compiere sforzi nelle ore più calde, non indossare abiti scuri e bagnarsi il corpo, mantenendo la cute umida per facilitare la termoregolazione.

Tutti gli utilizzi del sangue

Stravaccato in sala trasfusioni, ipnotizzato dal lento su e giù della centrifuga, il donatore finisce inevitabilmente per farsi la domanda: a chi andrà il mio sangue? La mente gli vola subito a scenari tristemente tipici, perlopiù tragici incidenti stradali con emorragie incontrollate. In situazioni del genere, è chiaro, l’importanza di una ben fornita riserva di sangue è incalcolabile; ciononostante, gli scopi delle donazioni non si esauriscono tutti su questo orizzonte.

Spesso non si pensa ad altri ambiti di impiego che, seppur meno “movimentati”, sono all’ordine del giorno e assumono il medesimo valore capitale. 

Il sangue è un tessuto non riproducibile in laboratorio, e proprio in questo deficit sta la preziosità delle donazioni. In particolare, va da sé che l’affluenza di sangue donato risulta necessaria anche per la ricerca scientifica. Lo sviluppo di trattamenti atti a combattere la leucemia, per esempio, presuppone uno studio continuo e approfondito delle emocomponenti, necessariamente esercitato su campioni tratti da organismi in vita.

Queste incessanti indagini non possono permettersi di dare niente per scontato, quindi hanno bisogno di un approvvigionamento costante di esemplari sperimentali. «Donare è un atto di fede nella scienza» spiega Alice Cani, ricercatrice sostenuta dalla Fondazione Umberto Veronesi «Nella maggior parte dei casi i risultati si vedranno tra molti anni, ma è l’unica via per garantire un futuro con cure migliori a noi e alle persone a noi care».

Un risvolto delle donazioni sanguigne che, lungi dall’essere più “sterile” o meno “eroico” degli altri, costituisce una porzione basilare delle prospettive di utilizzo, rappresentando la sola possibilità di progresso nella lotta contro le malattie del sangue. 

Proprio nell’ambito della lotta contro le malattie si inserisce un’altra funzione essenziale del donatore, vale a dire quella di àncora di salvezza per le persone affette da talassemia. Questa grave malattia del sangue provoca una situazione di anemia (cioè scarso numero di globuli rossi, quindi scarsità nel trasporto di ossigeno), finendo per invalidare l’efficienza di tutti i tessuti corporei. I pazienti talassemici necessitano pertanto di donazioni assidue, così da riequilibrare le mancanze del proprio sistema circolatorio e dell’organismo intero.

Il bisogno di una trasfusione può anche coinvolgere chi si sottopone a un intervento chirurgico, dal momento che durante l’operazione è consueto che il paziente perda una quantità di sangue più o meno importante. Nel caso di un intervento programmato, inoltre, è possibile avvalersi di un’auto-trasfusione: si trasfonde al soggetto il suo stesso sangue, prelevatogli preventivamente con largo anticipo. Questa procedura, naturalmente, annulla ogni rischio di incompatibilità e di trasmissione di malattie infettive. 

Anche in seguito a un parto può essere necessaria una trasfusione. Normalmente, la donna perde circa mezzo litro di sangue durante il parto vaginale, e circa il doppio durante il parto cesareo; il sanguinamento dall’utero è però ritenuto preoccupante quando oltrepassa la soglia di 1 litro.

Il fenomeno è tutt’altro che raro: l’emorragia post-partum rappresenta la prima causa di morte (più del 40% dei decessi totali) delle nuove madri. È allora che le scorte di sangue donato tornano essenziali. Purtroppo ricorrere a un’auto-trasfusione, in questi casi, è impossibile: implicherebbe una donazione da parte della donna non più di un mese prima del parto, ma alle donne incinte, per ovvi motivi, non è consentito donare il sangue.

In condizioni normali, comunque, il momento del parto può invece rappresentare l’occasione per una piccola donazione da parte della donna, attraverso un prelievo di sangue dal cordone ombelicale. Il cordone, infatti, è ricco di cellule staminali, che possono essere “coltivate”, lasciate crescere e differenziare in vari tipi di cellule specializzate (non solo sanguigne). Oltre a costituire un valido strumento per la ricerca, queste cellule sono potenziali “sostituiti” sfruttabili per la rigenerazione di tessuti danneggiati. Il prelievo post-partum, insomma, potrebbe a buon diritto essere descritto come la donazione più proficua di tutte.

Ma torniamo al nostro donatore pensieroso, tutto preso a chiedersi che cosa ne sarà del proprio sangue. I possibili tragitti sono innumerevoli, ma quello di cui può essere certo è che il suo gesto verrà messo a frutto da mani competenti e riverberato verso le esigenze forse di qualcuno, forse di molti.

A meno che, certo, l’unità di sangue donato non rimanga inutilizzata per più di 42 giorni, termine ultimo dopo il quale verrà distrutta… ma in quel caso ci sarà solo da gioire, non essendo stata necessaria alcuna trasfusione!

 

A cura di Enrico Forte

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