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Categoria: Avis News

Scientificamente Avis: L’emopoiesi

Si definisce emopoiesi (dal greco aima, “sangue”, e poieo, “creare”) o ematopoiesi il processo di differenziazione cellulare che porta alla formazione degli elementi corpuscolati del sangue: eritrociti, leucociti e trombociti. La differenziazione cellulare, infatti, è quel particolare processo di maturazione e specializzazione delle cellule dell’organismo che dopo le prime divisioni cellulari durante la fase embrionale diventano sempre più “competenti” nel compiere una determinata funzione, assumendo quindi caratteristiche (ad esempio la forma cellulare e nucleare) che le rendono distinguibili le une dalle altre (si contano almeno 200 tipologie diverse di cellule). Per fare un esempio: il globulo rosso presenta al microscopio una forma di disco biconcavo, con una zona appiattita al centro e una più ingrossata alle estremità. Proprio questa sua forma particolare non lo rende una vera e propria cellula. Perché? Perché il globulo rosso è a-nucleato, ovvero senza nucleo, andato perduto proprio durante la differenziazione cellulare che lo ha reso più abile nel compiere la sua principale funzione: agganciare Ossigeno e Anidride carbonica all’emoglobina. Attenzione però: questo accade solo nei mammiferi, nei restanti vertebrati i globuli rossi sono provvisti di nucleo.

L’emopoiesi ha origine nelle cellule staminali, cellule primitive classificate sulle base della loro potenzialità di differenziarsi nelle varie linee cellulari. Globuli rossi, bianchi e piastrine derivano da un un’unica cellula staminale emopoietica pluripotente. Tale cellula può seguire due linee di maturazione, a seconda degli stimoli ricevuti: la linea linfoide, da cui si avvia la linfopoiesi (formazione di linfociti) o la linea mieloide, da cui si avvia la mielopoiesi, e quindi la formazione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.

L’emopoiesi inizia circa 21 giorni dalla fecondazione e dopo circa 2 settimane dall’annidamento della blastocisti (una fase embrionale propria dei mammiferi) nella mucosa uterina al di fuori dell’embrione, in una particolare zona dove nascono anche le prime cellule eritroidi (ancora dotate di nucleo), che dopo la formazione del cuore durante l’organogenesi cominciano a circolare entro un’abbozzata rete vasale. L’emopoiesi passa dalla fase vitellina a quella epatica, quando anche il midollo osseo del feto diventa emopoietico (ovvero capace di emopoiesi), fase che si sovrappone a quella definitiva quando il feto è già nato. La transizione da una fase all’altra è segnata dalla sostituzione di emoglobina embrionale con quella fetale e quindi con quella adulta.

L’emopoiesi nell’uomo è caratteristicamente localizzata nel midollo osseo, il tessuto molle nei canali delle ossa lunghe e nella fascia centrale delle ossa piatte. Durante la pubertà si verifica anche nello sterno, nelle vertebre, nelle ossa iliache (del bacino) e nelle costole. Altri siti di emopoiesi extra-midollare sono il fegato e la milza, che intervengono in caso di midollo osseo danneggiato o elevata domanda di produzione di nuove cellule ematiche. Nei casi più critici si ricorre al trapianto di cellule staminali o di midollo osseo: si prelevano le cellule staminali emopoietiche dal donatore e si iniettano nel paziente che ne ha bisogno, oppure nella stessa persona in un tempo successivo. Se donatore e paziente sono compatibili, le cellule infuse viaggiano fino al midollo osseo e iniziano la produzione di nuove cellule ematiche. Nei casi più gravi si trapianta direttamente il midollo osseo dopo aver distrutto quello del paziente malato con farmaci o radiazioni. 

Esistono numerose patologie legate al malfunzionamento dell’emopoiesi: basti pensare alle Leucemie linfoidi e mieloidi, caratterizzate da una proliferazione abnorme e incontrollata di globuli bianchi immaturi. Più rara è la Sindrome di Kostmann, causa di una neutropenia congenita, ovvero una diminuzione di granulociti neutrofili che scorrono nel sangue, cellule deputate alla difesa dell’organismo contro infezioni batteriche e fungine.

I disegni vincitori del concorso Avis

Nelle scorse settimane i nostri social Facebook e Instagram sono stati felicemente intasati da moltissimi disegni realizzati dai ragazzi delle ex-seconde medie delle scuole G. Parini e G. Galilei di Borsano e Sacconago, disegni realizzati in occasione del concorso indetto come ogni anno da Avis Busto Arsizio e Valle Olona.

Di seguito, abbiamo il piacere di annunciarvi i vincitori. Ai ragazzi sono già stati consegnati dei piccoli riconoscimenti oltre che parole di lode per la loro creatività e sensibilità.

I vincitori della ex-classe 2A:
  

I vincitori della ex-classe 2B:

I vincitori della ex-classe 2C:

I vincitori della ex-classe 2D:

 

I vincitori della ex-classe 2E:

I vincitori della ex-classe 2F:

La donazione non si ferma, anche in zona rossa

La donazione non si ferma, anche in zona rossa.
I donatori possono continuare a donare sangue e plasma per garantire l’autosufficienza nazionale e, di conseguenza, sono liberi di uscire di casa per recarsi nei centri trasfusionali pubblici e associativi.
Lo stop agli spostamenti, come già indicato dal Ministero della Salute nei mesi scorsi, non coinvolgono i donatori, che in ogni caso dovranno compilare e, nel caso di controllo da parte delle forze di polizia, esibire il modello dell’autocertificazione (scarica qui: nuovaautodichiarazioneottobre2020)
Come riportano le due circolari pubblicate il 10 e il 24 marzo, infatti, la donazione di sangue ed emocomponenti rientra tra le “situazioni di necessità” per le quali sono consentiti gli spostamenti e che quindi permettono ai donatori di recarsi nei centri di raccolta pubblici o associativi.
Come sempre la donazione va prenotata e vanno rispettate le regole di sicurezza.
Il bisogno di sangue e di plasma non si ferma!

Scientificamente Avis: Il paziente di Berlino

Il 29 settembre è morto per leucemia mieloide acuta Timothy Ray Brown, detto anche il “Paziente di Berlino”, la prima persona al mondo ad essere stata dichiarata completamente guarita dall’infezione da HIV, il virus dell’immunodeficienza umana.

La vicenda di Timothy inizia nel secolo scorso: affetto da HIV dal 1995, comincia la terapia convenzionale antiretrovirale che gli permette di contrastare l’infezione fino al 2006, quando gli viene diagnosticata una grave forma di leucemia. Nel 2007, sotto la cura dell’ematologo tedesco Gero Hütter, Timothy è avviato al trapianto di midollo più insolito della storia: non viene cercato “solo” il midollo di un donatore compatibile, ma uno che possieda anche una rara e specifica mutazione in grado di rendere le cellule trapiantate resistenti all’infezione da HIV. Tale mutazione è presente in circa l’1% della popolazione Europea e riguarda la proteina CCR5 (recettore C-C per le chemochine di tipo 5) nella sua variante allelica CCR5-?32 monozigote che quando non è mutata, ovvero nella quasi totalità dei casi, “coopera” con il recettore CD4, una proteina transmembrana presente sui linfociti T, permettendo l’ingresso del virus HIV nella cellula umana e favorendo così l’insorgere dell’infezione. 

Individuato il genoma con la mutazione desiderata, dopo averne studiati 230 diversi, il trapianto dà il risultato “miracoloso” previsto: oltre alla leucemia, sparisce anche il virus HIV. Purtroppo la stessa terapia non è applicabile alle decine di milioni di pazienti che ogni anno contraggono il virus, essendo il trapianto un’operazione delicata, costosa e rischiosa, ma la vicenda del “Paziente di Berlino” ha dato prova che è possibile non solo controllare il virus con le dovute cure, ma anche eliminarlo. 

Di fatto, ad oggi, l’HIV non è ancora stato sconfitto: esistono solo terapie antiretrovirali che permettono di ridurre la quantità di particelle di HIV nell’organismo e quindi una ripresa del sistema immunitario del paziente. Il tempo medio di sopravvivenza dopo infezione da HIV è notevolmente allungato nei pazienti che seguono la terapia, senza la quale, al contrario, il tempo medio di sopravvivenza dopo aver contratto il virus è stimato da 9 a 11 anni.

I dati riportati dall’UNAIDS, il Programma delle Nazioni Unite per l’AIDS/HIV, riferiscono che delle 37,9 milioni di persone che vivono con l’infezione da HIV nel 2018 (perlopiù concentrate nell’Africa Meridionale), 36,2 milioni sono adulti e 1,7 milioni sono bambini con meno di 15 anni. Il numero di decessi continua a diminuire, principalmente per effetto delle terapie antiretrovirali combinate, passando da 1,7 milioni nel 2004 a 770.000 nel 2018: raggiungere quota zero un giorno sarà possibile e Timothy Ray Brown è stato il primo a dimostrarlo. 

A cura di Francesca Genoni

Scientificamente Avis: La storia delle trasfusioni

Fin dai tempi più remoti, al sangue è sempre stato riconosciuto un valore incomparabile: gli Egizi lo usavano per preparare bagni rivitalizzanti, i Romani raccoglievano e conservavano quello sparso dai gladiatori, mentre nel Medioevo non era inconsueto berlo come farmaco rigenerante. 

Ma bisognò attendere il XVII secolo perché la prospettiva del trasferimento del potere vitale del sangue approdasse a una consapevolezza scientifica. Prima di tutto, nel 1628 l’inglese William Harvey pubblicò il trattato “Exercitatio Anatomica de Motu Cordis et Sanguinis in Animalibus” (che in latino significa “Pratica Anatomica sull’Attività del Cuore e del Sangue nei Viventi”): era la prima descrizione rigorosa del flusso sanguigno negli organismi animali. 

Il lavoro di Harvey gettò le fondamenta per esperimenti rivoluzionari. Cruciale l’attività di Francesco Folli da Poppi, studioso sotto i Medici che nel 1664 realizzò un apparecchio per lo scambio di sangue da un individuo a un altro. 

Fu su questa rotta che si coordinarono le prime effettive trasfusioni sanguigne. Figura di primo piano fu Jean Baptiste Denys de Montpellier, che ne effettuò con successo due, trasferendo sangue da agnello a uomo. Nel 1667 ripetè l’operazione anche una terza volta, ma l’esito fu tragico: il paziente non sopravvisse. La moglie del defunto denunciò l’accaduto alla corte di giustizia francese, inducendola a stabilire che qualsiasi trasfusione di sangue dovesse essere autorizzata dalla Facoltà di Medicina di Parigi. Questa era già alquanto ostile alla pratica, e non senza ragioni: statistiche che sarebbero state pubblicate due secoli dopo rivelano che, tra il 1666 e il 1874, le trasfusioni eterologhe (da animale a uomo) riuscivano solo nel 30% dei casi, mentre per quanto riguarda quelle da umano a umano i traguardi positivi non avevano mai superato il 50%. È per questo che, negli stessi anni, in Gran Bretagna le trasfusioni vennero addirittura proibite. Tutti questi provvedimenti circoscrissero immancabilmente il margine di sperimentazione e di sviluppo della tecnica trasfusionale, tant’è che diventò comune lo sfruttamento dei condannati a morte come cavie. 

Il processo di miglioramento doveva essere ancora lungo e ricco di insidie. Uno dei principali problemi riguardava la formazione di coaguli: una volta prelevato dal donatore e prima di essere immesso nella circolazione del ricevente, il sangue andava incontro a coagulazione, divenendo inutilizzabile. Nella ricerca di una soluzione, si rivelarono fatali gli azzardi ad impiegare la soda caustica nel 1826, il solfato e il bicarbonato di sodio nel 1868: quelli che avrebbero potuto rappresentare degli efficaci anticoagulanti portavano a livelli intollerabili l’acidità del sangue, che come oggi sappiamo deve restare in un ben preciso e ristretto intervallo di valori di pH. È solo tra il 1902 e il 1916 che entrò in vigore l’utilizzo dell’ACD (citrato destrosio), che garantiva la conservazione del sangue per più settimane senza dover fare i conti con effetti collaterali.

Nel frattempo, nel 1901 Karl Landsteiner scoprì che alcune delle feroci reazioni post-trasfusionali, spesso letali per il ricevente, erano legate all’incompatibilità tra antigeni e anticorpi presenti nel sangue di chi dona e di chi riceve. È a partire da questa essenziale constatazione che Landsteiner riuscì a classificare i quattro gruppi sanguigni (A, B, 0, AB), identificando nel 1940 anche il fattore Rh. 

Sulle spalle di questi sofferti progressi, coadiuvati dallo sviluppo di nuove e più adeguate apparecchiature, le trasfusioni di sangue erano pronte a diventare la formidabile risorsa che rappresentano oggi. Prima, però, la cultura del dono doveva ancora diffondersi: è in questo orizzonte che AVIS avrebbe preso forma…

Vaccino Antinfluenzale 2020

Anche quest’anno per i donatori è previsto il vaccino antinfluenzale gratuito, da sempre un prezioso alleato durante le stagioni più fredde per prevenire brutti raffreddori e influenze e ancora più importante in questo delicato anno di Covid-19.

Il Ministero della Salute nel documento in allegato “Prevenzione e controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2020-2021” ha dichiarato: “[…] si rende necessario ribadire l’importanza della vaccinazione antinfluenzale, in particolare nei soggetti ad alto rischio di tutte le età, per semplificare la diagnosi e la gestione dei casi sospetti, dati i sintomi simili tra Covid-19 e Influenza. Vaccinando contro l’influenza, inoltre, si riducono le complicanze da influenza nei soggetti a rischio e gli accessi al pronto soccorso”.

La Tabella 1 riportata dal Ministero della Salute elenca le persone che possono usufruire della vaccinazione gratuita, con un ampliamento – rispetto a quanto riportato – anche alla fascia d’età 60-64 anni.

Anche i donatori di sangue rientrano nella lista di coloro che possono ricevere il vaccino gratuitamente.

Avis Busto Arsizio e Valle Olona dunque mette a disposizione, in collaborazione con la ASL-VALLE OLONA comprensorio di BUSTO ARSIZIO un numero definito di vaccini da somministrare ai donatori che ne facessero richiesta.

Il vaccino verrà somministrato a partire dalla seconda metà di novembre, presso l’ASL DI VIALE STELVIO, 3 a Busto Arsizio.

Visto l’alto numero di domande, per poter accedere al vaccino sarà necessario inviare la propria richiesta presso la segreteria Avis alla mail: info@avisbusto.it entro e non oltre SABATO 31 ottobre 2020.

Naturalmente i donatori che rientrano nelle fasce d’età oltre i 60 anni potranno rivolgersi al proprio medico curante per accedere alla vaccinazione anche prima della seconda metà di novembre.

NB: il vaccino antinfluenzale gratuito sarà consentito presso la ASL DI BUSTO ARSIZIO solo ai donatori di sangue residenti nei Comuni di SUA competenza (Busto Arsizio, Olgiate Olona, Castellanza, Solbiate Olona, Fagnano Olona, Gorla Minore, Gorla Maggiore, Marnate), i residenti di altri comuni dovranno rivolgersi alle ASL di competenza del loro territorio.

 

Allegato: Prevenzione e controllo dell’influenza 2020:2021

La Messa a Suffragio dei Defunti Avisini

Siamo ancora lontani – a causa dell’emergenza sanitaria – a un ritorno alla normale attività avisina.
La sottosezione di Madonna Regina ci dà però speranza. Si è svolta infatti domenica 4 ottobre la S. Messa a suffragio dei defunti avisini, svoltasi nella chiesa di S. Maria Regina.

Si tratta della prima attività avisina da dopo il lockdown e speriamo possano seguirne nuovamente altre in futuro.

 

Scientificamente Avis: Gli anticorpi

Gli anticorpi sono proteine che svolgono un ruolo chiave nell’ambito del sistema immunitario umorale (“umore” è il nome con cui anticamente si indicava il sangue). Vengono prodotti dai cosiddetti linfociti B in risposta alla presenza nel sangue di un corpo da questi identificato come estraneo: può trattarsi, per fare degli esempi, di un virus o di un battere, e viene generalmente indicato come antigene. I linfociti B si differenziano tra di loro a seconda del tipo di anticorpo che sono in grado di produrre. Sulla superficie di ognuno di essi è presente un modello di tale anticorpo (o immunoglobulina), e, quando un antigene perfettamente complementare a questo modello vi si attacca, il linfocita innesca la produzione in serie di quello specifico anticorpo. Una volta rilasciati in quantità nel flusso sanguigno, gli anticorpi individuano l’antigene e lo “disattivano”, cioè fanno in modo che non possa danneggiare le cellule sanguigne: tipicamente, gli anticorpi aderiscono ai siti di attacco dell’antigene, rendendo impossibile l’attacco da parte di questo a una cellula ospite. Una volta disattivato, l’antigene viene fagocitato e smaltito da un macrofago. Non sempre gli anticorpi riescono a intervenire in tempo: quando un antigene è già penetrato in una cellula, che può anche essersi riprodotta nel frattempo, è allora compito dei linfociti T citotossici individuare e distruggere le cellule infette.

L’azione degli anticorpi è ovviamente concepita per favorire l’organismo, combattendo le eventuali minacce alla sua sopravvivenza. Tuttavia, talvolta il loro operato può inavvertitamente rivelarsi deleterio. È il caso delle trasfusioni di sangue, in cui la necessità di individuare con precisione il gruppo sanguigno sia del donatore sia del ricevente risponde alla presenza nel sangue di elementi antigenici, distinti in A e B. Come illustrato dettagliatamente nell’articolo al riguardo, alla presenza nel sangue di antigeni di uno di questi due gruppi è associata la presenza di anticorpi ostili all’altro gruppo. Questo vuol dire che gli individui di gruppo A posseggono anticorpi contro gli antigeni B, mentre individui di gruppo B dispongono di anticorpi anti-A. Il gruppo 0, che non presenta antigeni né di un tipo né dell’altro, è contraddistinto dalla presenza di anticorpi anti-A e anti-B, mentre il gruppo AB, presentando entrambi gli antigeni, non dispone di anticorpi. Una volta inquadrata questa situazione, è automatico capire che se per esempio sangue di gruppo A viene immesso in un flusso sanguigno di gruppo B, non solo gli anticorpi dell’organismo aggrediranno le cellule sanguigne estranee, ma saranno anche gli anticorpi del sangue immesso a combattere quelli che dal loro punto di vista sono corpi ostili. Come risultato, le cellule sanguigne risulteranno stremate e indebolite (tanto più quanto sarà stata massiccia la quantità di sangue ricevuta), e il sistema immunitario, già ampiamente impiegato in questo assalto inutile, potrebbe reagire con meno efficacia ad una minaccia più seria.

Oltre a rappresentare la principale bussola nel contesto delle donazioni sanguigne, la conoscenza precisa degli anticorpi e del loro funzionamento è alla base della sintesi di vaccini con cui prevenire il contagio da parte di un antigene. Un vaccino è un preparato di microrganismi patogeni morti o resi innocui che viene somministrato a un soggetto al fine di indurre la produzione di anticorpi specifici da parte del suo sistema immunitario. L’organismo viene così predisposto a resistere a un eventuale contagio da parte di quello stesso tipo di antigeni, ancor prima che questo sia avvenuto. 

A cura di Enrico Forte

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